Nove anni come Assistente del Capo ufficio stampa e Responsabile del Centro Accrediti. Anni di ricordi bellissimi, risate uniche ed irripetibili, amicizia ed esperienze che rimangono indelebili.
Iniziò tutto per caso, come tante cose nella vita di ognuno di noi. Ero ancora hostess del Paddock Club e conobbi Gianni Berti, capo ufficio stampa dell’Autodromo. Era il figlio di un famoso giornalista RAI di Roma e aveva una grande energia: super appassionato del suo lavoro, dava l’anima per quello che faceva e creava relazioni importanti, chiave del suo successo. Soprattutto sapeva circondarsi delle persone giuste, come Sandra. Senza Sandra, Gianni non avrebbe mai ottenuto quello che ha ottenuto.
Gli ultimi anni a Imola fu lei il capo. Gianni non c’era più: prima aveva avuto problemi con la direzione del circuito e poi non stava bene. Forse non fu un caso il fatto che nel 2006 segnò un punto di non ritorno per tutti e tutto. Si disputò l’ultimo GP di Formula 1, Gianni si ammalò e il 2006 fu l’anno che segnò purtroppo la mia vita con un grande dolore. E in tutto questo, il corpo box dell’Autodromo venne abbattuto il 19 novembre 2006, decretando simbolicamente uno strappo definitivo tra il passato e il futuro.
Ma torniamo a noi. Io l’ufficio stampa lo conoscevo già: era iniziato tutto nel 1996, insieme a Renata Nosetto e all’arrivo del Motomondiale a Imola. Poi è arrivata per me l’esperienza della mitica sala stampa della F1: dal 1997 con la prima vittoria in carriera di Frentzen, fino al 2006, quando con quell’ ultimo Gran Premio di San Marino la Formula 1 di Ecclestone e Micheal Schumacher che vinse, salutarono definitivamente Imola.
I primi anni, quando ero una universitaria con più tempo libero, lavoravo tre mesi per preparare il Gran Premio: in ufficio con Gianni e Sandra organizzavamo sala stampa, servizi, media kit, conferenza di presentazione, accrediti. Questi ultimi diventarono uno dei miei impegni principali, con tanto di responsabilità del Centro Accrediti duranti i giorni del GP. Alle 7 di mattina, insieme ai ragazzi che coordinavo, arrivavamo in circuito con i meccanici, prendevamo le valigette coi pass e andavamo fuori dalla Rivazza, davanti al Ristorante Naldi, dove venivano posizionate dapprima delle tende e poi negli ultimi anni, per fortuna, prefabbricati temporanei. Nel corso del tempo abbiamo visto la neve, il freddo, la pioggia, la nebbia, ma anche il sole con temperature estive. In quel Centro Accrediti sono passati tutti: giornalisti, vip, ex piloti, squadre. Rimanevamo lì fino al pomeriggio per poi continuare ad oltranza il lavoro di sala stampa. Non esistevano orari. Anche perché il momento più bello era aspettare che tutti andassero via e andare giù a fare un giro nel paddock e in pit lane di notte.
A quel tempo non c’era il parco chiuso, anzi. Era affascinante sentire tutta notte il rumore dei motori: anche quando andavo a casa e ascoltavo da camera mia l’Autodromo vivo, coi motori accesi, era un momento magico: non vedevo l’ora di tornare lì.
Non c’era stanchezza, solo la voglia di vivere quella esperienza e guardando le foto provo una grande malinconia: Gianni e Marcello non ci sono più e quei sorrisi non torneranno, lo so. Ma rimangono indelebili nella memoria come una delle cose più fighe di tutta la mia vita. Chiudo gli occhi e ritrovo le risate, le cavolate dette e fatte, i momenti di tensione, di noia, di gioia. Ci rivedo nel paddock a cercare qualche RedBull per tenerci svegli, a rincorrere Silvester Stallone o Naomi Campbell per un autografo o semplicemente ad aspettare Schumacher in sala stampa per la conferenza.
Era tutto leggero, tutto facile. Tutto in un mondo sublimato dalla nostra gioia di staccare dal mondo reale per qualche giorno, ben consci di essere dei privilegiati che si facevano trasportare dall’energia della corsa, dall’adrenalina delle prove, dal magico ambiente esclusivo della Formula uno.